Psicologia estetica del volto

La psicologia estetica del volto è il tema di questa nuova anteprima dedicata al nostro seminario. Protagonista il Prof. Polipo, medico estetico e psicoterapeuta.

Il viaggio alla scoperta del nostro seminario “PNEI, PSICOLOGIA ESTETICA DEL VOLTO E TECNICHE di MAKE UP” prosegue con questa intervista al Prof. Giuseppe Polipo, medico estetico, psicoterapeuta  e presidente dell’ AIPE, Associazione Italiana Psicologia Estetica.

A lui abbiamo chiesto quale sia ruolo rivestito dall’operatore cosmetico nella società attuale e quale sia il legame tra pelle, psiche e benessere, tema centrale del seminario del 9 maggio.

Dal make up come strumento decorativo e di seduzione, tema dell’intervista alla make up artist Alessandra Barlaam, passiamo a parlare della pelle, l’organo che ci mette in contatto e ci difende dal mondo esterno.

“Oggi la cosmetica riveste un ruolo di primo piano quale strumento di mediazione tra noi e il mondo esterno; un veicolo per esprimere identità, valori, desideri, emozioni, che noi possiamo rendere più consapevole ed efficace, soprattutto per quanto riguarda la comunicazione espressiva del volto”, spiega il Prof. Polipo.

Ma se il meccanismo di proiezione di noi stessi all’esterno fallisce? Se il nostro Io-pelle non corrisponde all’ideale di bellezza veicolato dai media?

“Il rischio è di “ammalarsi di bellezza”, vittime di un sentimento di impotenza e frustrazione di fronte ad una bellezza mai sufficientemente adeguabile ai modelli proposti”.

1- Secondo lei, è compito dell’operatore cosmetico, come l’ICQ, orientare la scelta cosmetica del consumatore verso un benessere più profondo?

Bisogna partire dalla considerazione che la cosmesi può essere presentata come un artificio culturale che consente di ”truccare” la propria presentazione sociale, oppure come uno strumento integrativo di salute e benessere mediante il quale l’identità corporea viene protetta e valorizzata.

Se consideriamo questa seconda visione, la risposta è senza dubbio sì.

Ogni richiesta di bellezza, in realtà, comprende una fondamentale domanda di benessere psicologico e di maggiore interazione sociale e il primo interlocutore al quale viene rivolta questa richiesta è l’operatore cosmetico.

Un operatore cosmetico dovrebbe, dunque, essere preparato a gestire il ‘desiderio’ di bellezza del cliente, desiderio che è sempre una valutazione psicologica carica di rappresentazioni emozionali.

La cosmesi, secondo la psicologia estetica, dovrebbe essere considerata come un mediatore sociale di bisogni e desideri psichici individuali e collettivi, e per questo avere il compito, fondamentalmente psichico, di esprimere personalità, ruolo sociale, identità, emozioni, orientamento sessuale.

2- Dove interviene, invece, la psicologia estetica?

La psicologia estetica nasce fondamentalmente come una disciplina che ha il compito di aiutare le persone ad integrare gli aspetti ‘esteriori’ della propria presentazione sociale con le dinamiche dei propri bisogni ‘interiori’.

Un risvolto pratico e immediato è, per esempio, quello di proporre una cosmesi legata all’igiene e al rispetto della pelle, in modo che si presenti come una ricerca di responsabilità e salute, in aiuto alla propria presentazione fisica.

Conoscere i principi della psicologia estetica, in questo senso, serve ad integrare il sapere scientifico sul prodotto cosmetico,  legandolo alla consapevolezza che ogni richiesta di bellezza non è mai primariamente  ‘tecnica’, ma nasce da bisogni inconsci ed emozionali.

La cosmesi in questa visione, non è più qualcosa che si spalma sul volto per creare inganni, camouflage o volti da cerimonia, ma un prodotto di igiene e di salute che dona più sicurezza serenità ed espressività nella presentazione della propria individualità.

Prendersi cura del proprio corpo, infatti, rappresenta sempre uno sforzo, più o meno cosciente, di acquisire maggiore abilità e presenza relazionale.

3- Di bellezza, però, ci si può anche ammalare. È vero?

Purtroppo sì e anche in questo caso il ruolo della psicologia estetica è fondamentale.

Quando, come succede sempre più spesso, ci si ‘ammala di bellezza’ (es. disturbi dell’immagine del corpo) la psicologia estetica fornisce modelli teorici e operativi (in questo caso riservati ai professionisti delle relazioni di aiuto) utili a riequilibrare il desiderio infinito di bellezza e gioventù.

Un desiderio tanto vivamente ‘sollecitato’ dai mass media, quanto frequentemente fonte di frustrazioni e disillusioni proprio perché irrealizzabile.

4- In che moda la cosmesi rappresenta un’estensione dell’involucro psico-cutaneo? Questo che cosa comporta?

 La pelle è l’organo del corpo esposto al contatto e alla relazione con gli altri,  e per la psicologia estetica non è solo un organo biologico, ma è una frontiera e un contenitore di esperienze psichiche interne.

Questo spiega come mai la pelle del volto, reagisce agli stress e ai disagi psichici con impurità, discromie, ipersensibilità, diminuzione della luminosità, irritabilità, ma anche perché quando siamo felici, il volto appare più vitale, rigenerato e luminoso.

In questo senso è importante considerare l’uso di un cosmetico come un comportamento  psicologico di amplificazione ideale del proprio Io-pelle e, dunque, fondamentalmente come un atto comunicativo. 

Per questo motivo chi si occupa professionalmente di bellezza e di benessere ha bisogno di acquisire, insieme alle indispensabili conoscenze tecniche, le competenze ‘psicologiche’ di base per comprendere come bisogni, desideri, paure, aspirazioni, si trasformano nella scelte  cosmetiche di tutti i giorni.